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Undici capitoli. Undici lettere: tante quante ne servono per comporre il nome di Buenos Aires, per il narratore-viaggiatore un luogo dell'anima prima ancora che una città vera e propria; un luogo che non sarebbe quello che è se Jorge Luis Borges, il più grande romanziere del Novecento a non aver mai scritto un romanzo, non ne avesse fatto il protagonista assoluto dei suoi racconti e delle sue poesie. Ed è proprio per fare la conoscenza di questo "personaggio" che comincia un viaggio che è una corsa contro il tempo, una sfida lanciata per sottoporre la fantasia letteraria alla prova di resistenza degli anni, che sulle fondamenta di quella città — inventata prima ancora che esplorata dallo scrittore argentino — hanno eretto strati di storia ed esperienze vertiginose come grattacieli: un bacino babelico di culture in cui il vecchio mondo si fonde inestricabilmente con il nuovo dando vita a un amalgama potente e suggestivo. Un viaggio che è insieme conquista e perdita, perché dopo tutta la vita che si può vivere, dopo tutti gli amori e gli altri affanni, l'ultima pagina del nostro diario può finire solo con questo verso: "è nostro solo ciò che abbiamo perduto".