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Branchi di maschi nella frenesia dello stupro collettivo: la predazione si ripete dai primordi della storia, attraversando immutata il processo di incivilimento, impennandosi nel cuore del Novecento e guadagnandosi ancora oggi grande spazio nelle cronache. Che si consumi come crimine di guerra, che collabori a finalitŕ genocidarie, oppure si "normalizzi" in brutalitŕ quotidiana in tempo di pace, vi agisce la stessa istintualitŕ della barbarie piů arcaica. Č il cono d'ombra dell'identitŕ maschile. Su di esso si concentra lo psicoanalista Luigi Zoja, internazionalmente noto per l'indagine sull'altra polaritŕ maschile, quella del padre. La conciliazione di biologia e cultura, piů fragile e instabile nell'uomo rispetto alla donna, č esposta da sempre a squilibri. I centauri del mito greco, esseri metŕ umani metŕ animali, ne rappresentano la forma estrema. La loro orda non conosce altro eros che l'ebbrezza orgiastica accompagnata dallo stupro, "incontrollabile come un pogrom". A differenza del violentatore singolo, il gruppo non ha coscienza di commettere un crimine. Del centaurismo come contagio psichico Zoja scandaglia i motivi e ripercorre le manifestazioni: dalla schiavitů sessuale delle donne native durante la colonizzazione dell'America Latina, all'epilogo senza onore della seconda guerra mondiale, agli stupri ritualizzati come "terapia" per le lesbiche (il jackrolling attuale in Sudafrica), fino alle condotte abusanti del 31 dicembre 2015 a Colonia.