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Piů che la scimitarra, la forbice. Questa era la percezione dell'islam nell'immaginario degli italiani. Le forbici sul fez del "Turco Napolitano", una delle piů fortunate maschere di Totň, la simpatia malandrina del Sarracino cantato da Carosone o l'alone fiabesco del Saladino della pubblicitŕ Perugina. Da religione residuale l'islam oggi č diventato l'incubo di tutti; bussa alla porta di ciascuno di noi, insinuandosi nella nostra piů privata quotidianitŕ. Della strage di "Charlie Hebdo" a Parigi resta un fotogramma: un musulmano che spara a un altro musulmano. Due individui colti nel momento in cui la guerra civile globale diventa - ben oltre l'immagine - un fatto conclamato. Il primo uccide in nome di Allah, il secondo muore invocandolo. Č una guerra civile all'interno dell'islam quella che, nel solco delle primavere arabe, dei flussi migratori e del dilagare del terrorismo internazionale, incendia la comunitŕ musulmana. Si chiama fitna ed č la discordia insanabile, una faida che non trova tregua e che trascina nel proprio gorgo tutti. L'Isis cancella coi caterpillar l'antica cittŕ di Hatra. Come a Mosul, cosě a Nimrud. Di duemila anni di storia resta la polvere e una minaccia: la demolizione delle Piramidi in Egitto. Uno scempio messo in atto dai terroristi che non risparmia neppure i luoghi santi della religione di Maometto. E senza risparmiare Mecca dove i fanatici, tra le tante memorie della devozione, non hanno esitato a distruggere la casa del primo califfo dell'islam...