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Coniugare archivistica e fotografia ha rappresentato una sfida fondamentale per gli archivisti del secolo scorso: la presenza costante del mondo delle immagini nella vita di ogni giorno e, potenzialmente, in ogni classe sociale ha spinto gli studiosi a distinguere rigidamente all’interno di questo enorme mosaico visivo i caratteri propri della fotografia come documento storico. Nel caso della fotografia italiana si è ben presto compreso che per poterne parlare con attenzione e puntualità sarebbe stato necessario individuarne le principali aree produttive; può stupire il fatto che proprio Pavia fosse fra i principali poli fotografici della penisola, con il giusto connubio fra dilettanti e fotografi professionisti e con alla base una borghesia cittadina molto simile a quella che nell’Ottocento sostenne la nascita e diffusione della fotografia in Francia. Se il finire dell’Ottocento era stato rappresentato dagli scatti dei fratelli Nazzari, il Novecento pavese è stato il terreno fertile di Guglielmo Chiolini, la cui parabola fotografica ha investito e, a volte, influenzato il fermento culturale e sociale della città.