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Nel giardino il tempo compone immagini e sensazioni, mentre la luce disegna i contorni e accentua i colori, proponendo sempre nuove sensazioni che invadono la mente e la vista. Per un pittore impressionista, e soprattutto per Claude Monet capace di intercettare la luce, un giardino può identificarsi con l’anima stessa della sua espressione artistica e diventare il luogo ideale dove fermare il tempo, cogliere l’infinità dell’attimo e trasformarsi in una ragione di vita. A Giverny, Monet costruisce il suo giardino o, forse, dovremo dire i suoi giardini: un recinto fiorito in pieno sole e un laghetto di luce e di ombra, con ninfee bianche e rosa. Una sequenza spaziale riflessa nei suoi dipinti che consente di comprendere il significato della ricerca trentennale sul laghetto che, in circa 250 tele, svela il passaggio dalle impressioni di paesaggio all’astrazione della natura, in cui la materia si fa luce e si rappresenta, con tonalità mutevoli, su un piano unico rotto, a tratti, da rare pennellate di colore: le ninfee appunto, le ninfee di Giverny.