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Carlo Ancelotti, uno dei grandi protagonisti del calcio italiano, racconta la sua vita con la schiettezza e lo spirito pungente che derivano dalle sue origini contadine. «Uno su mille ce la fa», e lui è quell'uno. Centrocampista forse un po' lento, ma caparbio e con una lucida visione di gioco, ha avuto due grandi maestri, uno agli antipodi dell'altro: Liedholm e Sacchi. Da lì, la vocazione irresistibile a fare l'allenatore. Attenendosi semplicemente ai risultati, Carletto da Reggiolo ha vinto tutto. Eppure, la sua carriera sembra un percorso avventuroso, scandito da delusioni e gioie regalate dai suoi ragazzi — fra i tanti, Zizou, il più grande, «cometa discesa dal cielo», Kakà «il secondo più forte che io abbia mai allenato, di sicuro il più intelligente» o Ronaldo «se solo si fosse impegnato un po' di più...» — dal mantra del Presidente Berlusconi «Voglio vincere tutto e voglio divertire», nonché da inebrianti trionfi ma anche da clamorose sconfitte. Arrivato a sessant'anni, Carletto tira le somme di una vita e di una prima parte di carriera leggendarie, che ora, dopo la gloria da ambasciatore del calcio italiano all'estero, lo ha riportato in Italia, nella squadra che negli ultimi anni ha simboleggiato la «resistenza» allo strapotere juventino, il Napoli, per continuare a divertirsi e a divertirci. Senza smettere di alzare il suo famoso sopracciglio, e qualche altro trofeo...