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Sallustio fornisce una lettura della crisi della Repubblica romana e, in particolare, dell'età postsillana, riconoscendo un decisivo fattore di crisi che si afferma in quel periodo: l'esercito. Sallustio è consapevole di come la formazione di eserciti, composti in larga misura da proletari esclusivamente legati ai loro capi, sia la conseguenza logica della conquista, dell'espansione imperiale e del venir meno del ceto contadino. Il volume mostra come Sallustio, lungi dall'essere uno storico astrattamente moralista, legato alla parte cesariana – come è stato a lungo ritenuto dalla storiografia –, sia invece, a una più attenta considerazione, un originale e sensibile indagatore delle questioni sociali del suo tempo. Nelle Storie è accertabile un mutamento delle tendenze generali rispetto alle monografie precedenti. Colpisce infatti, nei passi che ci sono giunti, l'accentuarsi di una visione più realistica e pessimistica della storia e della politica che forse riflette il modo con cui Sallustio valutava l'evoluzione della vita pubblica romana all'epoca del secondo triumvirato.